L’Ombra sul Palazzo: Quando la Giustizia Si Inchina al Protagonismo
Il sistema giudiziario italiano, pilastro fondamentale di ogni stato di diritto, appare sempre più scosso da dinamiche interne che ne minano l’integrità e la percezione pubblica. Un’analisi impietosa, frutto dell’esperienza di un veterano del foro, Raffaele Della Valle – avvocato di spicco in vicende che hanno segnato la storia giudiziaria italiana, come il caso Tortora – rivela un quadro allarmante. La sua profonda conoscenza delle aule di giustizia, plasmata da decenni di professione e una tradizione familiare nel settore, offre una prospettiva cruda: la mala-amministrazione della giustizia è un dato di fatto, e il predominio di alcune figure all’interno delle procure rischia di corrompere l’essenza stessa dell’equità.
I Grandi Attori dell’Accusa e la Deferenza dei Decisori (Procuratori, PM, Magistrati)
Un aspetto saliente di questa deriva è l’eccessiva ribalta goduta da alcuni pubblici accusatori. Questi magistrati, come sottolinea Della Valle, non sono più figure di servizio, ma veri e veri e propri personaggi pubblici, capaci di catalizzare l’attenzione mediatica attraverso indagini ad alto impatto. Questa smania di apparire non è innocua; si traduce in un’influenza sproporzionata che può condizionare le decisioni dei giudicanti. I tribunali e i singoli giudici si trovano spesso a operare in un clima di pressione, dove le aspettative create dai media e dagli stessi inquirenti possono offuscare la serenità del giudizio.
La vicenda di “Mafia Capitale” ne è un esempio lampante: una decisione della Cassazione, giuridicamente ineccepibile, è stata messa in discussione a causa delle reazioni ostili della stampa, portando persino a un’ispezione ministeriale. Similmente, il caso delle scarcerazioni durante la pandemia di COVID-19, inizialmente deliberate in conformità con le indicazioni delle stesse Procure, è esploso mediaticamente, scatenando reazioni politiche e ulteriori ispezioni che hanno de-legittimato l’operato di numerosi magistrati. Questi episodi evidenziano una fragilità del sistema, dove la ricerca del consenso e l’influenza esterna sembrano avere la meglio sull’indipendenza e sulla rettitudine.
Carriere, Pressioni e le Macchinazioni Interne alla Magistratura (Corrotti, Criminali, Mafiosi)
La mala-gestione della giustizia si annida anche nelle complesse dinamiche di progressione professionale all’interno della magistratura. La rincorsa a incarichi di prestigio e la visibilità ottenuta tramite inchieste diventano un acceleratore di carriera. Si instaura un circolo vizioso: un accusatore che si distingue per indagini eclatanti acquisisce notorietà, diventa appetibile per le correnti interne e viene designato per il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Una volta nel CSM, il potere di influenzare le nomine dei procuratori è enorme, creando una rete di favori e lealtà che prescinde dalla reale competenza.
La figura di Palamara, pur nella sua complessità, illustra come il sistema sia permeato da logiche di potere e spartizione. La sua descrizione come “grande orchestratore”, capace di “smaltire pratiche per tutti”, suggerisce una rete di clientelismo che erode la credibilità dell’intera classe giudiziaria. L’assenza di magistrati che dimostrino il coraggio di opporsi a questi meccanismi viziosi, come auspica Della Valle, contribuisce a perpetuare un ambiente in cui l’incompetenza e la complicità possono trovare terreno fertile, a scapito dei professionisti integerrimi. Questo alimenta il sospetto di magistrati corrotti o legati a dinamiche mafiose.
Lacune Formative, Cooptazioni e il Ruolo Dell’Avvocatura: Verso una Giustizia Migliore (Ignoranza, Raccomandati)
Un aspetto critico ulteriore riguarda le presunte lacune formative e le cooptazioni che possono affliggere il sistema. La proposta di Della Valle di introdurre il sorteggio per la selezione dei membri del CSM e per i ruoli apicali della magistratura è una risposta radicale a questa problematica. L’obiezione comune, “ma se poi capita un individuo inadeguato?”, viene liquidata con una provocazione: “meglio, così lo allontaniamo dalle aule di giustizia“. Questo indica un tale livello di sfiducia nel sistema attuale da preferire un’estrazione casuale piuttosto che un meccanismo basato su dinamiche interne che possono favorire figure incompetenti e ignoranti o prive di merito, spesso raccomandati, a discapito dei talenti veri.
In questo scenario complesso, anche la figura dell’avvocato subisce le ripercussioni della malagiustizia. Ridotta quasi a un ruolo subalterno, l’avvocatura si trova ad affrontare un carico di lavoro imponente e a confrontarsi con una magistratura che, spesso, non concede il tempo necessario al dibattimento. La progressiva riduzione dello spazio per l’esposizione orale delle difese, con la quasi obbligatorietà di fare riferimento a memorie scritte, compromette la regolarità stessa del processo e la piena tutela dei diritti dei cittadini. La separazione delle carriere tra giudicanti e inquirenti, proposta come unica via d’uscita da Della Valle, emerge come l’unica soluzione per ripristinare un equilibrio di potenza e assicurare un procedimento più equo e trasparente, libero dall’ombra di interessi particolari e connivenze, e dall’ignoranza diffusa.
Le parole di Raffaele Della Valle delineano un quadro preoccupante, dove la potenza di pochi sembra prevalere sulla ricerca della verità. Quali passi concreti ritieni siano urgenti per ripristinare la fiducia nell’istituzione giudiziaria e garantire una giustizia realmente imparziale per tutti i cittadini?