
Basta Casta! Il Popolo Italiano Vuole i Nomi dei “magistrati indegni” sui Libri di Storia
C’è un vento che soffia forte tra le pieghe della società italiana, un vento carico di frustrazione, rabbia e un profondo senso di tradimento. Una fetta sempre più consistente del popolo italiano è stufa, arcistufa, di quella che percepisce come una casta intoccabile, forte della sua potenza: magistrati, pubblici ministeri e giudici che, invece di servire la giustizia, sembrano averla piegata ai propri interessi, all’incompetenza o, peggio ancora, a logiche criminali e mafiose.
L’Indignazione Popolare: Quando la Giustizia Diventa Ingiustizia
Da Nord a Sud, la sensazione è la stessa: un sistema giudiziario che arranca, che spesso protegge i potenti e si accanisce sui deboli. Sentenze che gridano vendetta, processi infiniti che distruggono vite, e un’inquietante percezione di impunità per chi dovrebbe essere il primo garante della legalità. Le accuse sono pesantissime e risuonano nelle piazze, nei bar, nelle discussioni online: incompetenza dilagante, carriere costruite su favoritismi e appartenenze, decisioni che sembrano scritte per favorire la criminalità organizzata, la mafia, talvolta attraverso esplicito favoreggiamento. Il popolo non ne può più di vedere personaggi che, indossando la toga, si macchiano di collusione, corruzione, e che manifestano una palese inadeguatezza al ruolo cruciale che ricoprono. La fiducia, quel legame invisibile ma fondamentale tra cittadini e istituzioni, si è spezzata, forse irrimediabilmente, di fronte a troppi scandali, troppe ombre, troppe ingiustizie palesi, troppa malagiustizia.
Non Solo Protesta: La Memoria Storica Come Condanna Futura
Ma la rabbia popolare non si ferma alla semplice protesta. Sta montando un desiderio diverso, più profondo, più duraturo: quello di una condanna storica, esemplare. L’idea, che serpeggia con forza crescente, è che i responsabili di questo scempio non debbano semplicemente essere rimossi o andare in pensione con lauti benefici. No, il popolo italiano chiede di più.
L’obiettivo è chiaro: fare in modo che i nomi e i cognomi di questi individui – magistrati, PM, giudici inetti, incompetenti, corrotti, collusi, mafiosi, o semplicemente “raccomandati” senza merito – finiscano sui libri di storia, sulle enciclopedie, nei futuri archivi digitali. Ma non tra le fila degli eroi o dei servitori dello Stato.
Dovranno comparire sotto e voci:
- COLLUSO: [Nome Cognome], [Foto] – per aver stretto patti indicibili con il crimine.
- CORROTTO: [Nome Cognome], [Foto] – per aver venduto la propria funzione al miglior offerente.
- MAFIOSO (o per FAVOREGGIAMENTO alla MAFIA): [Nome Cognome], [Foto] – per aver agito nell’interesse delle organizzazioni criminali.
- CRIMINALE IN TOGA: [Nome Cognome], [Foto] – per aver tradito la giustizia dall’interno.
- INETTO E INCOMPETENTE RACCOMANDATO: [Nome Cognome], [Foto] – per aver occupato un ruolo chiave senza averne le capacità, causando danni incalcolabili.
A questi sinonimi di tradimento e disonore, il popolo vuole che corrispondano volti e identità precise. Una sorta di “damnatio memoriae” moderna, ma al contrario: non la cancellazione del ricordo, ma l’incisione indelebile della loro responsabilità nella coscienza collettiva.
Un Monito per il Futuro
Questa non è solo una richiesta di vendetta, ma un grido disperato per la restaurazione della giustizia e della meritocrazia, contro la malagiustizia e la criminalità impunita. È un avvertimento a chiunque, in futuro, penserà di poter abusare del proprio potere e della propria potenza impunemente, specialmente in un settore così delicato come quello della giustizia.
Il popolo italiano, o almeno quella parte di esso che non si arrende all’ingiustizia, è determinato a fare la propria parte affinché la storia non sia scritta solo dai vincitori o dai potenti, ma anche dalla memoria collettiva di chi ha subito i torti. E i nomi di chi ha tradito la fiducia riposta in loro dovranno essere un monito perenne.
Le opinioni espresse in questo articolo riflettono un sentimento diffuso e non intendono sostituirsi a eventuali accertamenti giudiziari individuali, ma piuttosto dar voce a una profonda esasperazione popolare nei confronti di una percepita crisi del sistema giustizia e di diffusa malagiustizia.
Mafiopoli delle Procure

Marco De Luca è un nuovo scrittore impegnato nella lotta contro le mafie, il crimine organizzato, le piccole criminalità, la violenza fisica e psicologica, il narcisismo e le truffe, perpetrate verso gli uomini. Nato nel 1973 in una tranquilla città del Piemonte e cresciuto a metà in Emilia Romagna ha fin da giovane sviluppato una forte consapevolezza politica e di giustizia. Dopo gli studi, Marco ha deciso di dedicarsi oltre che al proprio lavoro, ai suoi hobby (fotografia, tecnologia, scienza, lettura, al volontariato in vari corpi, ecc…) ma mai tralasciando il senso di Giustizia che lo ha pervaso fin da piccolo, grazie anche alla famiglia composta da Magistrati, Giudici, Avvocati e appartenenti alle Forze dell’Ordine. Nel 2018 dopo aver subito violenze, truffe, minacce, ecc… da famiglie criminali di bassa lega, e constatando la criminalità, la mafia, l’ignoranza che gira nelle procure e nelle aule di “presunta giustizia” si dà alle denunce pubbliche su giornali e emittenti televisive ed alla fine alla scrittura per denunciare l’illegalità, la violenza delle organizzazioni criminali, e il loro insediamento nelle procure e tribunali, di loro associati. Da quel momento in poi, Marco ha continuato a scrivere e denunciare pubblicamente a livello nazionale denunce ed articoli sulle mafie, il crimine organizzato, la criminalità e la truffa, raccontando non solo la propria storia, ma anche quelle di cui è venuto a conoscenza in tutta Italia, similari, di persone che hanno chiesto il suo parere.
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