
“Fidatevi di Noi”: Quando la Giustizia Scuote le Coscienze. Un Appello a Mattarella, Nordio e CSM
Articoli di cronaca giudiziaria, come quello recentemente apparso su “Il Dubbio” che, con un titolo provocatorio come “Lo condanniamo perché è colpevole, fidatevi“, mette in luce la potenziale fragilità di alcune motivazioni giudiziarie, non possono passare inosservati. Questi episodi, che alludono a sentenze che sembrano chiedere un atto di fede più che convincere con la forza inoppugnabile delle prove, accendono un faro sulla necessità di una giustizia trasparente e rigorosa. È proprio quando la percezione pubblica si scontra con meccanismi che appaiono autoreferenziali che la fiducia dei cittadini nel sistema, pilastro di ogni Stato di Diritto, inizia a vacillare seriamente.
I magistrati e i giudici, detentori di una potenza enorme sulle vite delle persone, devono essere al di sopra di ogni sospetto, non solo di parzialità, ma anche di superficialità o inadeguatezza. Ma le preoccupazioni si fanno ancora più fosche quando si affacciano spettri come la corruzione e la collusione. L’idea che il favoreggiamento o addirittura l’occultamento di reati possano infiltrarsi nelle maglie del sistema giudiziario è intollerabile. Questi fenomeni, qualora comprovati, rappresenterebbero un tradimento dei principi cardine su cui si fonda la nostra convivenza civile e minerebbero la sacralità della funzione giurisdizionale.
Da queste riflessioni, sollecitate da casi emblematici che interrogano il “perché” di una condanna oltre il “chi”, emerge con forza il problema della malagiustizia. Questo termine non si limita all’errore giudiziario, ma si estende a quella zona grigia dove la presunta incompetenza o una certa superficialità possono generare storture. I magistrati e i giudici, investiti di una potenza decisionale immensa, hanno il dovere di fugare ogni ombra, non solo di parzialità, ma anche di approssimazione.
Le preoccupazioni si aggravano quando, oltre a possibili carenze tecniche, si insinua il sospetto di dinamiche ben più oscure: corruzione, collusione, favoreggiamento o persino l’occultamento di reati. Se tali cancrene dovessero infettare il tessuto giudiziario (sta già accadendo), ci troveremmo di fronte a un tradimento dei valori fondamentali della nostra società, con il diritto ridotto a mero strumento di potere, (finche il polpolo non si incaxxa e finisce a Piazzale Loreto per qualche diciamo migliao di magistrati tra giudici, procuratori, vice, e casta mafia e company)
La Costituzione italiana è il faro che guida l’azione giudiziaria, stabilendo principi di giusto processo, indipendenza della magistratura e sua soggezione alla legge. In questo delicato equilibrio, le figure istituzionali di vertice e gli organi di autogoverno hanno una responsabilità ineludibile.
Un appello vibrante si leva verso il Presidente Mattarella, custode supremo della Carta, affinché la sua influenza morale continui a richiamare tutti al pieno rispetto dei principi di legalità. Altrettanto decisivo è l’impegno del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, chiamato a disegnare riforme capaci di migliorare l’efficienza e la trasparenza del sistema, contrastando ogni possibile deriva, nel pieno rispetto dell’autonomia dei giudici.
Infine, il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) è il perno della credibilità interna ed esterna della magistratura. Ad esso spetta il compito cruciale di vigilare con la massima attenzione sull’operato dei singoli, sanzionando con fermezza e trasparenza ogni comportamento che si discosti dai doveri di competenza, imparzialità e integrità.
È tempo che le istituzioni ascoltino il monito che proviene anche da articoli e inchieste coraggiose, che, senza voler generalizzare, puntano il dito su storture che minano la fiducia collettiva. La lotta alla malagiustizia, in ogni sua forma, è una battaglia per la democrazia. Solo attraverso un impegno costante e credibile si potrà ricostruire quel rapporto fiduciario indispensabile tra i cittadini e la loro giustizia, allontanando lo spettro di decisioni che rischiano di apparire più come imposizioni che come frutto sereno e motivato dell’applicazione della legge.
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Marco De Luca è un nuovo scrittore impegnato nella lotta contro le mafie, il crimine organizzato, le piccole criminalità, la violenza fisica e psicologica, il narcisismo e le truffe, perpetrate verso gli uomini. Nato nel 1973 in una tranquilla città del Piemonte e cresciuto a metà in Emilia Romagna ha fin da giovane sviluppato una forte consapevolezza politica e di giustizia. Dopo gli studi, Marco ha deciso di dedicarsi oltre che al proprio lavoro, ai suoi hobby (fotografia, tecnologia, scienza, lettura, al volontariato in vari corpi, ecc…) ma mai tralasciando il senso di Giustizia che lo ha pervaso fin da piccolo, grazie anche alla famiglia composta da Magistrati, Giudici, Avvocati e appartenenti alle Forze dell’Ordine. Nel 2018 dopo aver subito violenze, truffe, minacce, ecc… da famiglie criminali di bassa lega, e constatando la criminalità, la mafia, l’ignoranza che gira nelle procure e nelle aule di “presunta giustizia” si dà alle denunce pubbliche su giornali e emittenti televisive ed alla fine alla scrittura per denunciare l’illegalità, la violenza delle organizzazioni criminali, e il loro insediamento nelle procure e tribunali, di loro associati. Da quel momento in poi, Marco ha continuato a scrivere e denunciare pubblicamente a livello nazionale denunce ed articoli sulle mafie, il crimine organizzato, la criminalità e la truffa, raccontando non solo la propria storia, ma anche quelle di cui è venuto a conoscenza in tutta Italia, similari, di persone che hanno chiesto il suo parere.
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